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Smettere di mangiare (troppo): il sogno possibile

fame emotiva giorgio serafini prosperi Dec 23, 2021
Breaters_Smettere di mangiare (troppo): il sogno possibile

Da persona che è stata affetta da una sindrome da alimentazione incontrollata, disturbo alimentare conosciuto come BED (binge eating disorder), posso dire di sapere molto bene come di si sente, dopo l’ennesima abbuffata, nel fare pensieri come “vorrei smettere di mangiare per sempre”, “vorrei smettere di provare desiderio nei confronti del cibo”, “vorrei avere il controllo assoluto su questa fame che mi tormenta”.

 

Attenzione ai pericoli

 

Diciamolo subito, questo genere di pensieri, molti dei quali per fortuna transitori, possono essere molto pericolosi. Se nutriti e reiterati possono addirittura trasformarsi in malattie gravi, certificate come disordini del comportamento alimentare, come la bulimia e l’anoressia, che possono avere conseguenze anche fatali.

 

(Leggi anche: Quando abbuffarsi diventa il sintomo di un disturbo alimentare?)

 

Col cibo non si scherza

 

Col cibo, o meglio, con la rinuncia al cibo non si scherza. E il motivo è molto semplice, il cibo è necessario per vivere. Deprivarsene, oltre ad essere una pessima idea sul piano della salute, come abbiamo detto, non ci conduce neppure ai risultati sperati. Anche perché una imposizione restrittiva sarà sempre vissuta come qualcosa da cui liberarsi al più presto ed è quindi, proprio per questo motivo, una strategia fallimentare.

 

Il concetto di dieta restrittiva non funziona mai

 

Proibirsi dei cibi, contare ossessivamente gli introiti calorici, tenere costantemente in allarme il sistema psichico a proposito di peso, identificazione con la propria immagine “fuori misura ideale”, ascoltare il nostro giudice interiore a proposito dei cosiddetti sgarri, aderendo ai sensi di colpa che ci soffia nelle orecchie, è controproducente. In questo modo non facciamo e, che rafforzare, per opposizione proprio il desiderio di quei cibi proibiti sui quali abbiamo posto un veto preventivo.

 

Un elefante rosa

 

C’è un piccolo test che possiamo fare per renderci conto di come funziona la nostra mente a proposito non solo del desiderio di cibo, ma di qualsiasi desiderio. 

Quando si inizia a meditare, animati dalla volontà irrealizzabile di raggiungere l’assenza di pensieri, allo scopo di ridurre lo stress, gli insegnanti esperti propongono di provare a non pensare a qualcosa imponendoselo con la volontà. Puoi provarci anche tu, adesso, mentre leggi. Prova, per esempio, a non pensare a un elefante rosa. 

Cosa appare subito nella tua mente? Facci caso. Sono pronto a scommettere che un bell’elefante rosa ti stia facendo l'occhiolino.

 

Non possiamo impedirci di pensare al cibo

 

Un famoso studio di una importante università inglese ha osservato che di media un individuo non affetto da un disturbo alimentare pensa al cibo circa 250 volte al giorno. Ciò avviene non necessariamente in modo ossessivo, e magari non in maniera diretta, quindi anche pensieri come “in quale ristorante andrò col mio fidanzato stasera?”, o “devo ricordarmi di comprare il sale grosso” vanno messi nel conto. 

Tutto questo per dire che, anche dal punto di vista evolutivo, quindi attivando positivamente l’istinto di conservazione, pensare spesso al cibo non solo è “normale” ma addirittura sano.

 

Sia benedetta la fame

 

Possiamo quindi ridare dignità  alla fame fisica e osservare, piuttosto, dal punto di vista di una maggiore consapevolezza, come la sensazione della fame possa attivare in noi pensieri, stimoli o addirittura impulsi di segno molto diverso tra loro. Una cosa è però certa: non sentire la fame, e quindi non nutrirsi in modo adeguato, è innaturale e pericoloso. Combattere contro la fame, tra l’altro, è una missione impossibile perché pretende di ignorare forzosamente qualcosa che da decine di migliaia di anni il nostro dna si è attrezzato per attivare come bisogno primario di sopravvivenza: la pulsione del desiderio nei confronti del cibo.

 

Digiunare non fa dimagrire

 

Proprio per ciò che abbiamo detto finora, e cioè che il nostro sistema vitale, frutto dell’evoluzione, è tarato per desiderare il cibo, ed essendoci trovati (noi esseri umani) per le decine di migliaia di anni di cui sopra ad avere a che fare con la carenza di cibo, il nostro corpo ha imparato a difendersi dalla mancanza di cibo per aiutarci a sopravvivere ai momenti di carestia.

 

Il digiuno compensativo è dannoso e non serve

 

Come reagisce il nostro corpo se dopo una giornata di abbuffate, per esempio, digiuniamo? Semplicemente, bloccandosi e percependo una sorta di allarme rosso che traduce in un: trattenere tutto a qualunque costo. Questo è vero sia per le donne che per gli uomini, ma le donne, per la loro funzione biologica riproduttiva, ne sono purtroppo più soggette ancora. Quindi, le donne devono stare attente a non ricorrere al digiuno compensativo ancora più degli uomini.

 

Smettere di mangiare troppo è invece possibile

 

Se, come abbiamo visto, cercare di smettere di mangiare è un’impresa da evitare in modo assoluto, smettere di mangiare troppo, invece, è non solo possibile ma anche benefico per la nostra salute; non esclusivamente nell’immediato, ma a medio e lungo termine. È infatti ampiamente dimostrato che un’alimentazione equilibrata non solo ci porti ad un peso naturale più sano, ma ci preservi anche da molte malattie metaboliche e riduca il rischio di ammalarsi di tutte quelle forme tumorali a carico dell’apparato digerente ed escretore.

 

Una buona notizia

 

Per essere in forma, dunque, e per dimagrire, se è necessario, la via migliore non è la restrizione ma l’equilibrio nella regolarità, vale a dire che - udite udite - per perdere il peso in eccesso e mantenere il peso naturale raggiunto non dobbiamo seguire una dieta restrittiva ma non mangiare più del necessario sempre.

 

(Leggi anche: Dimagrire senza dieta)

Il corpo è intelligente

 

Una cosa che ho scoperto dopo aver perso 60 chili attuando questa forma di riordino e di regolarità, è che, contrariamente a quanto ci raccontano per venderci sistemi dimagranti, diete e pillole miracolose, se siamo in sovrappeso e non mangiamo più del necessario per un tempo medio lungo, il nostro corpo man mano si adeguerà ai nuovi minori introiti e scivolerà verso l’equilibrio del suo peso naturale. Per esperienza personale ho potuto dunque osservare che il mio corpo si adegua da solo allo stile di vita che gli propongo, e che posso fare quindi molto meno fatica ed essere molto più in pace con me stesso!

 

Liberiamoci dai condizionamenti

 

Imparare a mangiare in modo equilibrato, però, non è semplice. In realtà forse lo sarebbe, ma ciò che ci complica la vita in questo ambito è che abbiamo acquisito, nel tempo, una quantità di schemi mentali, di condizionamenti  e di false informazioni che sono davvero difficili da abbandonare. 

In un mondo in cui tutto è “facile e rapido” (basta pagare) e in cui “volere è potere” (quindi dipende tutto direttamente da noi), è abbastanza complicato non solo ammettere di aver sbagliato approccio (ne va della nostra immagine) ma anche di scegliere di non seguire la strategia comune e corrente che ci dice: “mettiti a dieta e perdi 10 chili in 3 settimane e sarai felice”. Anche se poi questo non succede e comunque non è mai duraturo, ci è sempre più facile pensare - visto che siamo cresciuti nel mito onnipotente della forza di volontà- che siamo noi ad essere sbagliati noi anziché abbandonare il pensiero comune.

Come acquisire la regolarità nel mangiare in modo equilibrato

 

Per non essere più schiavi dell’abitudine, nel nostro modo di mangiare che ci crea disagio e sofferenza, dobbiamo prima imparare a conoscerci più profondamente. Dobbiamo cioè scoprire l’origine della nostra fame emotiva.

Come potremmo infatti chiamare questo ricorrere al cibo quando non ne abbiamo una necessità fisica, bensì una emotiva?

 

(Leggi anche: Emotional eating: in cosa consiste davvero?)

 

Cosa attiva la nostra fame emotiva?

 

Per riconoscere la nostra fame emotiva, Il primo passo è abbastanza semplice da fare: possiamo per esempio osservare se usiamo il cibo per attenuare o contrastare stati d’animo difficili da sostenere

Mangiamo per noia, per esempio? Oppure mangiamo per rabbia? Mangiamo quando proviamo un forte senso di solitudine? O svuotiamo il frigo di notte, quando cresce in noi l’ansia per ciò di cui ci dovremo occupare e che ci spaventa? Mangiamo quando sentiamo crescere l’ansia? Oppure ci aggrappiamo al cibo quando ci sentiamo sviliti e non riconosciuti da persone il cui giudizio è importante per noi?

 

(Leggi anche: Fame emotiva: da quali stress è causata?)

 

Riconoscere il bisogno primario negato

 

Quando ricorriamo al cibo attuando una compensazione emotiva, ciò avviene principalmente perché abbiamo imparato a non ascoltare o a non soddisfare i nostri bisogni primari. Per questo usiamo il cibo, che risponde appunto a uno dei nostri bisogni primari fondamentali (placare la fame), per compensare la frustrazione di vederci negato (spesso da noi stessi) quel diritto ad esprimere le nostre necessità primarie che si traduce in sofferenza e in disagio del vivere quotidiano.

 

Cosa può rappresentare il cibo per noi



Se, come abbiamo appena visto, il cibo è un’alternativa piacevole ad un bisogno primario non soddisfatto, l’azione più significativa che può consentirci di smettere di mangiare in eccesso è quella di cominciare a non ignorare i nostri bisogni primari. Primi fra tutti quelli di essere visti, riconosciuti, l’avere diritto a vivere in un ambiente sicuro, ad un lavoro dignitoso, ad essere trattati con rispetto, ad essere amati e non sminuiti, etc.

 

La mindulness ci aiuta a scoprire di cosa abbiamo davvero bisogno

 

Un approccio a base mindfulness (consapevolezza profonda) può aiutarci a venire a contatto con questi bisogni non soddisfatti, che spesso confondiamo con il desiderio di cibo, e a prendercene finalmente cura in modo più specifico e adeguato. E può anche consentirci di riabilitare il desiderio di cibo ai nostri occhi, rimettendolo nella giusta prospettiva e insegnandoci a distinguere la fame emotiva dalla fame fisica. (Leggi anche: La meditazione è necessaria per un’alimentazione consapevole?)

 Inoltre la mindfulness ci potrà sostenere nell’esplorare, senza eccessivo stress, la possibilità di elaborare delle risposte nuove e più funzionali, non solo rispetto alla sensazione della fame, ma nel cominciare a sviluppare strategie in grado di garantirci il diritto al nostro spazio vitale e al recupero della nostra dignità personale.