L’obesità è la conseguenza di un disturbo cronico, non la causa
Jan 03, 2022Molto spesso sentiamo parlare di disturbi alimentari e soprattutto ci chiediamo, l’obesità fa parte di questi? I disturbi del comportamento alimentare sono i principali problemi di salute a livello mondiale associati a compromissioni psicosociali, con elevate comorbilità mediche e psichiatriche. L’obesità è un disturbo cronico, il quale necessita cure a lungo termine. La causa primaria dell’obesità è l’incapacità di controllare la sovralimentazione.
L’obesità ha cause sia psichiche che alimentari
Oggi l’obesità necessita essere trattata e approcciata più come un disturbo psichico, che un disturbo alimentare. Infatti, essa è una condizione cronica in cui la psiche e la biologia si incrociano. La psiconeuroimmunoendocrinologia (PNEI) è un nuovo paradigma clinico che studia le relazioni bidirezionali tra psiche e sistema biologici. Attraverso questa disciplina è possibile osservare l’organismo come un’unità interconnessa dove i sistemi psichici e biologici si condizionano reciprocamente. Essendo l’obesità una patologia cronica e sistemica, è utile approfondire le sue componenti dal punto di vista della PNEI; vedremo insieme la componente psicologica e quella neuronale.
La componente psicologica
La prima componente da tenere in considerazione è quella psicologica. Oltre agli effetti a livello fisico, l’obesità è associata con una vasta gamma di conseguenze a livello mentale come depressione, bassa autostima, disordini alimentari, disturbo dell’immagine corporea, stress e qualità di vita ridotta. Inoltre, nell’obesità hanno un ruolo chiave gli eventi precoci come il bullismo, il rifiuto e l’abuso emozionale.
Depressione e obesità
La relazione tra depressione e obesità non è unidirezionale e può variare per sesso e età. Da una parte alcuni studi mostrano che essere depressi e fare uso di antidepressivi aumenta il rischio di sviluppare obesità. Inoltre, la depressione infantile predice un rischio maggiore di obesità da adulti. Viceversa, alcuni studi sottolineano come un aumento di peso fosse correlato significativamente con lo sviluppo di depressione in soggetti dai 20 anni in poi. Inoltre, al crescere del BMI o Indice di massa corporea (quindi del peso) cresce la depressione. In particolare, l’obesità viscerale può avere sintomi depressivi più gravi perché essi sono correlati alla gravità dell’infiammazione.
Il ruolo dell’autostima
Tuttavia, l’associazione tra il BMI e l’autostima è ancora dibattuta. In alcuni studi è emerso come il sovrappeso e l’obesità fossero un fattore di rischio per una bassa autostima, principalmente nei bambini e negli adolescenti. La relazione tra obesità e bassa autostima varia per genere ed etnia. Inoltre, le donne obese che soffrono del disturbo da binge eating sembrano avere, con più probabilità, una bassa autostima e un disturbo dell’immagine corporea. I disordini del comportamento alimentare come il disordine da binge eating e la sindrome della fame notturna sono comuni nei pazienti obesi. Tra i soggetti obesi, quelli con BMI più alto hanno più frequentemente dei disturbi del comportamento alimentare.
(Leggi anche: Riconoscere i sintomi di un disturbo da alimentazione Incontrollata)
Il disturbo dell’immagine corporea
L’immagine corporea è definita come l’immagine che una persona si crea della propria apparenza fisica. I soggetti con disturbo dell’immagine corporea sono insoddisfatti del loro peso e della loro forma corporea. Questa insoddisfazione è correlata a diversi fattori come i criteri di bellezza culturali, il genere e l’esordio precoce dell’obesità. Ad esempio, Wardle e colleghi hanno riportato che le donne che hanno sviluppato obesità a 16 anni, hanno un livello elevato di insoddisfazione corporea rispetto a chi ha avuto un esordio di obesità successivamente.
Le cause dell’obesità
L’obesità sembra essere il risultato di diversi fattori, incluso lo stress che ha un contributo importante nell’aumento di peso. Questa correlazione è dovuta al fatto che lo stress può portare all’iperconsumo di cibi e bevande e influenzare la scelta del cibo. Da diversi studi è emerso come gli individui stressati avessero un’assunzione maggiore di cibo spazzatura e minore di frutta, verdura e proteine. (Leggi anche: Fame nervosa: che cosa sono i comfort foods?)
Gli stressor (fattori di stress) possono essere legati all’infanzia come esperienze traumatiche, abusi sessuali, famiglie disfunzionali oppure allo stress lavoro correlato nella vita adulta.
Il circolo vizioso dello stress
I meccanismi biologici dello stress che inducono l’eccesso di cibo risiedono nei cambiamenti a livello degli ormoni e dei neurotrasmettitori nel corpo, come l’aumento del cortisolo e la diminuzione della serotonina. Queste modificazioni possono ridurre il rilascio di insulina, attivando il sistema cerebrale della ricompensa. Adam e colleghi sostengono che il sistema della ricompensa interagisce con l’asse ipotalamo ipofisi surrene (HPA) portando un aumento dell’introito di cibo. Di conseguenza, il sistema dello stress dei soggetti obesi può essere attivato dall’infiammazione e dall’aumento della secrezione di alcune sostanze. Per questo motivo si genera un circolo vizioso: lo stress non è solo una causa, ma anche una conseguenza della disfunzione dell’organismo del paziente obeso.
(Leggi anche: Perché sotto stress preferiamo i cibi dolci?)
La componente neuronale
Il cervello controlla il comportamento alimentare. L’alimentazione è regolata da due tipi di controllo: il controllo omeostatico e quello edonistico. Il controllo omeostatico è determinato da attivazioni dell’ipotalamo, risposte gastriche, substrati energetici, ormoni e riflessi nervosi. Il controllo edonistico non dipende dalla quantità, ma subentra la palatabilità che è legata alle gratificazioni.
Appetito e cervello
Il controllo omeostatico è dominato da un gruppo di neuroni nel nucleo arcuato dell’ipotalamo. Qui esistono neuroni che stimolano l’appetito e neuroni che bloccano l’appetito. La grelina, prodotta nello stomaco, stimola il primo gruppo di neuroni e quindi stimola la fame. Al contrario, quando si è sazi, subentrano insulina, leptina e CCK, i quali stimolano la sazietà. Alcuni studi effettuati sui roditori e sui pazienti obesi dimostrano che un’alimentazione ricca di grassi provoca un’infiammazione e un conseguente danno a livello dell’ipotalamo. In particolare, questo danno è stato riscontrato nei neuroni responsabili del blocco dell’appetito.
(Leggi anche: Tutto quello che non sappiamo sulla fame: come riconoscere cosa provoca in noi e ritrovare la capacità di auto regolarci)
Cibo come dipendenza?
Nell’obesità abbiamo, inoltre, una sovra stimolazione del sistema edonico legato al sistema cerebrale della ricompensa, che produce una sovra alimentazione. Il sistema edonico del soggetto obeso ha bisogno di essere stimolato maggiormente e più frequentemente. Da alcuni studi è emerso che i circuiti che guidano l’introito compulsivo del cibo sono gli stessi che guidano la dipendenza da sostanze.
(Leggi anche: Chi è il mangiatore compulsivo: come riconoscerlo)
È nato prima l’uovo o la gallina?
Tuttavia, nel soggetto obeso diversi sistemi sono alterati, quindi è difficile definire se sia comparsa prima l’obesità o le modificazioni cerebrali. Nel paziente obeso, inoltre, c’è una disfunzione a livello del neurotrasmettitore della dopamina. La dopamina è presente nel ragazzo a rischio obesità, diminuisce nell’obeso e aumenta nel momento in cui c’è la perdita di peso. È emerso che i pazienti obesi hanno meno dopamina nello striato e meno recettori della dopamina stessa rispetto ai controlli. Questo potrebbe provocare una necessità di un maggiore introito calorico per incrementare la ricompensa e, di conseguenza, un peso maggiore. I pazienti obesi, inoltre, hanno un’attivazione maggiore delle aree dell’insula deputate all’attivazione edonistica rispetto ai soggetti di controllo.
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