Il potere semplice del respiro
Jul 24, 2020Una delle più antiche forme di meditazione (risale a circa 600 anni prima di Cristo) è basata sull’osservare il proprio respiro per disciplinare la mente.
L’intuizione che ne è alla base riconosce nella incessante produzione di pensiero una delle cause principali della sofferenza umana.
Quando ci immedesimiamo troppo nei pensieri che facciamo, cioè, finiamo per credere che siano reali, ed è così che disistima, angoscia, paura, giudizio, pesantezze del passato, conquistano lo spazio della nostra anima e ci provocano dolore e disagio.
Quel dolore e quel disagio da cui abbiamo imparato a fuggire utilizzando l’effetto lenitivo/anestetico del cibo emotivo.
Come agisce il respiro
Dunque osservare il respiro ha un potere rilassante? Non esattamente.
Certo, regolarizzare il ritmo del respiro può avere anche un effetto calmante, ma questo aspetto riguarda più le pratiche di respirazione yoga che la meditazione.
Nella pratica meditativa, invece, osserviamo il respiro così com’è, non interveniamo per cambiarlo.
Lo scopo è quello di ritornare, attraverso la semplice osservazione del respiro, ad uno stato di presenza mentale. Ossia alla possibilità di smettere di smarrirci nel labirinto delle nostre ansie e nei nostri pensieri.
Anzi, a riconoscere che le ansie e i pensieri che si generano in noi non sono “nostri”, non sono la realtà così com’è, ma sono delle nostre interpretazioni, dei nostri commenti allo stato delle cose.
Un esempio. Talvolta siamo aggrediti dall’ansia per qualcosa che potrebbe accadere, di qualsiasi natura, siamo così dentro quel genere di previsione che il nostro stato d’animo prende la forma di quella preoccupazione, si adegua ad essa come se la cosa stesse realmente accadendo.
Ciò che si può osservare è che il più delle volte quello che ci preoccupa non si verifica affatto, almeno non nella forma o nei modi che ci aspettavamo.
Vale la pena, allora, di mettere così tanta energia e soffrire così tanto per qualcosa che non è reale?
La mente “mente”
Adesso però non cominciamo a denigrare la mente: la mente “mente” perché fa il suo lavoro, cioè prevedere i pericoli e trovare delle soluzioni. In altre parole di elaborare delle proposte su come essere in relazione con ciò che avviene in noi e attorno a noi.
La mente suggerisce delle strategie. È il suo compito specifico.
Ma non siamo obbligati a seguirle! Farlo sarebbe come aderire alle 10.000 proposte pubblicitarie che riceviamo ogni giorno comprando ogni cosa.
Ci abbuffiamo di pensieri, prima ancora che di cibo. E spesso poi usiamo il cibo per sostenere la pressione di questo eccesso di pensieri.
Come uscire dal loop dei pensieri angoscianti?
Possiamo invece utilizzare il respiro come stabilizzatore di presenza.
Sai perché?
È semplice, perché il respiro avviene solo nel momento presente. Pensaci, puoi respirare un respiro passato o un respiro futuro?
Il respiro come indicatore di presenza
Se sono presente al respiro che sto facendo sono nel qui e ora. Sono in questo momento. Non sto seguendo le continue evoluzioni della mente, sono qui, soltanto qui. E posso riconoscere che ciò che sto immaginando non sia la realtà.
È un concetto un po’ difficile all'inizio, ma quando si comincia a meditare con un po’ di regolarità è qualcosa che si può intuire facilmente attraverso l’esperienza.
Se sono qui, se sono presente a me stesso, se vedo ciò che la mia mente produce, non sono più schiavo dei miei pensieri, dei miei giudizi, della mia routine mentale.
Posso cominciare a mettere spazio, ad esempio, tra l’impulso automatico a reagire a un disagio cercando il cibo, fino al punto - con un po’ di allenamento - di riuscire a dare una risposta diversa a quello stimolo (leggi anche "Quando abbuffarsi diventa il sintomo di un disturbo alimentare?").
Perché in Breaters usiamo la meditazione
È per questo motivo che il Percorso di Breaters di fonda sulla pratica della meditazione di consapevolezza, per consentire alle persone di recuperare quello spazio di libertà che si trova tra lo stimolo e la risposta che si dà.
Agendo cioè non sul cercare di attuare una riduzione forzata del cibo, come le classiche diete, ma mettendo in grado ogni individuo di essere in contatto il proprio sé profondo, quello che non è influenzato dalle perturbazioni di superficie.
Proprio come il mare. Lo sapevi che le tempeste avvengono solo in superficie? In profondità il mare è sempre calmo, e così è anche il nostro essere.
Anche se l’esperienza sembra dirci il contrario.
Non dobbiamo, quindi, cercare di calmarci, possiamo invece ritrovare quella calma che è già in noi, poco sotto la superficie.
Ed è meno difficile di quanto sembri.