Accedi

La fame emotiva dietro l’obesità: perché curare solo il corpo non basta

cause e rimedi giorgio serafini prosperi Oct 19, 2025
La fame emotiva dietro l’obesità: perché curare solo il corpo non basta

L’Italia ha riconosciuto l’obesità come malattia cronica, ma la vera ferita resta invisibile: la fame emotiva.

Dopo quarant’anni di binge eating, ho imparato che la guarigione non nasce dal controllo, ma dall’ascolto.

E che il corpo non va combattuto: va finalmente compreso.

 

Obesità: malattia riconosciuta, ma non ancora compresa

Da poco l’Italia è diventata il primo Paese al mondo a riconoscere ufficialmente l’obesità come malattia cronica, progressiva e recidivante.
È una notizia importante, perché dà finalmente dignità e diritti a milioni di persone che vivono una condizione complessa e spesso giudicata con superficialità.

Ma allo stesso tempo mi lascia un senso di incompletezza.
Perché sì, l’obesità è una malattia del corpo. Ma per la maggior parte di chi la vive, è l’effetto di una malattia molto più subdola, invisibile e trascurata: la fame emotiva.
E di questa, purtroppo, le istituzioni si occupano ancora troppo poco.

 

Ho sofferto di fame emotiva per quarant’anni

Parlo con cognizione di causa. Ho sofferto di binge eating e di obesità per quarant’anni.
Per decenni ho cercato soluzioni nel posto sbagliato: diete, schemi, proibizioni, sensi di colpa, tentativi di forza di volontà. Ogni volta che fallivo, pensavo di essere io il problema.

Solo più tardi ho capito che il problema non era la mia mancanza di  forza, ma l’approccio stesso.
Non serviva controllare di più, ma ascoltare meglio.

È stato l’incontro con la Mindfulness a cambiare tutto.
Non all’improvviso, ma passo dopo passo, come racconto nel mio libro Ho mangiato abbastanza.
La pratica della consapevolezza mi ha insegnato che il cibo non era il nemico, ma il modo in cui cercavo di proteggermi dal dolore.

Quando ho smesso di combattere il sintomo e ho iniziato a guardarlo con curiosità e tenerezza, qualcosa dentro si è sciolto.
Ho cominciato a guarire non dal cibo, ma da ciò che mi costringeva a cercarlo come antidoto al disagio.

Per approfondire, puoi leggere anche Smettere di mangiare troppo: il sogno possibile.

 

Non tutte le obesità sono uguali

Esistono forme di obesità metabolica, dovute a fattori genetici o endocrini, e queste vanno riconosciute e trattate come vere malattie fisiche.
Ma nella grande maggioranza dei casi — secondo l’Istituto Superiore di Sanità, oltre il 90% delle obesità non ha una causa metabolica primaria* — il corpo parla una lingua che nessuno ha insegnato ad ascoltare.

In Italia, circa quattro adulti su dieci vivono in condizione di sovrappeso o obesità*, e milioni di persone convivono con disturbi del comportamento alimentare come anoressia, bulimia o binge eating, con prevalenze comprese tra lo 0,2% e lo 0,8% per l’anoressia e fino al 5% per la bulimia**.

Numeri che non parlano solo di chili, ma di solitudini, ansie, ferite relazionali.
Eppure, la fame emotiva non è ancora pienamente riconosciuta come disturbo in sé.
È come se si trattasse di una sofferenza “minore”, non degna di attenzione clinica.
Ma è lì, sotto la superficie, che spesso nasce tutto.

 

La fame che non chiede cibo

La fame emotiva non ha niente a che fare con il bisogno fisiologico di nutrirsi.
È la fame di tregua, di pace, di abbraccio.
È la fame che nasce quando non sappiamo più come reggere le nostre emozioni e le trasformiamo in azioni automatiche di “spegnimento”.

Mangiare troppo, restringere, controllare, cedere, ricadere: sono solo linguaggi di una stessa ferita.
E finché la risposta sarà “mangia di meno” o “muoviti di più”, continueremo a curare il sintomo e non la causa.

La vera domanda non è perché mangio troppo, ma perché ho bisogno di farlo per stare in pace anche solo per un momento?

Leggi anche Come vincere le abbuffate con la gentilezza.

 

La cecità sociale che alimenta la sofferenza

Viviamo in una cultura che ha fatto del corpo un campo di battaglia: la forma come misura del valore, la dieta come religione laica.
Così chi ingrassa si sente colpevole, chi dimagrisce viene lodato, chi ricade si nasconde.
E in tutto questo, nessuno si chiede cosa accade dentro di noi.

Le istituzioni hanno fatto bene a riconoscere l’obesità come malattia.
Ma è solo metà del cammino.
La vera sfida ora è riconoscere che la fame emotiva è una condizione psichica e relazionale che andrebbe studiata, trattata e prevenuta come tale.
Non possiamo più permetterci di ignorarla.

 

Mindfulness: un modo diverso di guarire

La mindfulness non è una tecnica miracolosa.
È un modo di stare, di respirare, di sentirsi.

Quando impariamo a portare attenzione gentile a ciò che viviamo, smettiamo di reagire e cominciamo ad ascoltarci.
È lì che si apre la possibilità del cambiamento: quando non puniamo più il corpo, ma lo abbracciamo come parte della nostra storia.

Nessuna dieta mi aveva mai insegnato a fare pace con me stesso.
La mindfulness sì.

Ecco perché, quando oggi sento parlare di “lotta all’obesità”, sento anche il bisogno di aggiungere. non si vince questa battaglia contro il corpo, ma insieme a lui.

Approfondisci anche Emotional eating: in cosa consiste davvero?.

 

Guardare il corpo, ma vedere la persona

Accogliere il riconoscimento dell’obesità come malattia è un atto di civiltà.
Ma la vera cura comincia quando ci ricordiamo che dietro ogni corpo c’è una storia, e che ogni storia merita ascolto.

L’obesità è un effetto.
La fame emotiva è la causa.
E dietro entrambe c’è un essere umano che sta solo cercando un modo per stare meglio.

Non servono nuove colpe.
Servono nuove attenzioni.
E un po’ più di tenerezza — verso chi mangia, verso chi giudica, e verso noi stessi.

 

Fonti

  • Istituto Superiore di Sanità, Sorveglianza PASSI 2023
  • Health City Institute, Italian Barometer Obesity Report 2024
  • Epicentro ISS, Anoressia e bulimia: dati epidemiologici aggiornati
  • Journal of Psychopathology, Il disturbo da alimentazione incontrollata: dati epidemiologici e caratterizzazione clinica