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Fame emotiva: da quali stress è causata?

fame emotiva giorgio serafini prosperi Aug 04, 2020
Breaters_Fame emotiva: da quali stress è causata?

Partiamo dal presupposto che il cibo, specie nel modello di società in cui viviamo, è un bene di consumo, qualcosa che l’industria alimentare deve piazzare sul mercato e quindi vendere.

Basta guardare la pubblicità per accorgersi che l’esca utilizzata per vendere un qualsiasi prodotto, cibo compreso, è il desiderio.

 

Ci hanno insegnato (e indotto) a identificare il piacere col desiderio

 

Il vero problema è lì, qui si nasconde la vera compulsione: nell’identificare il piacere col soddisfacimento del desiderio (leggi anche "Quali sono le cause della fame compulsiva?").

Nel caso della vendita di un prodotto, questa è una strategia vincente anche perché c’è qualcosa che dobbiamo sapere sulla natura del desiderio e che spesso ignoriamo:

Il desiderio, per sua natura, non può essere soddisfatto

Questo è uno dei primi assunti della consapevolezza. Pensaci: ti è mai capitato di soddisfare un desiderio “per sempre”?

Una casa, una macchina, un nuovo lavoro, un nuovo amore.

Quanto dura la soddisfazione in sé per ciò che hai ottenuto? Fino al successivo desiderio, direi.

Niente di male in questo, intendiamoci, senza la spinta dei desideri da soddisfare l’umanità si sarebbe estinta già da secoli, ma ignorare la verità sulla natura del desiderio ci espone alla sofferenza.

Il desiderio in sé non è da condannare, né da soffocare, anzi. Possiamo per esempio desiderare di stare meglio e dare corso e sostanza a questo desiderio.
Ma non è questo il punto.

Qual è, allora la vera questione? Cosa rende possibile integrare piacere e desiderio in una prospettiva di equilibrio?

 

Ricapitoliamo. La domanda è: Cosa causa la fame emotiva?

 

Sintetizzando, potremmo dire che la causa della fame emotiva è la difficoltà di vivere in modo sano la relazione con il desiderio per il cibo.

Per capire meglio bisogna parlare di altri due elementi che innescano l’impulso a compensare le emozioni (spiacevoli o disturbanti) con l’assunzione di cibo:

Gli elementi in gioco sono:

  •  il piacere, che si contrappone allo 
  • spiacevole, a ciò che è scomodo, difficile, doloroso.

Siamo vittime di una falsa informazione! 

 

Abbiamo imparato che il piacere è l’antidoto al dolore

 

È questo che ci induce a credere chi vuole farci consumare certi prodotti senza limiti: che se coltiviamo il piacere saremo sempre sani, belli e soprattutto felici… E cioè che potremmo allontanare da noi la sofferenza di stare con ciò che non è bello, armonioso, appunto, piacevole

È falso! È vero l’esatto contrario.

Sì, ma come faccio a smettere di usare il cibo come antidoto al dolore?

Il primo passo è smascherare questo inganno, questa falsa equazione.

 

Quanto dura il benessere dopo aver assunto il cibo per tentare di lenire il dolore di vivere? 

 

Pochissimo, lo sai bene.

E quanto dura, invece, la sofferenza dovuta all’eccedere col cibo, in termini di insoddisfazione, senso di colpa, malessere psicofisico? Anche questo lo sai benissimo da te (leggi anche "Chi è il mangiatore compulsivo: come riconoscerlo").

Come ti è certamente chiaro, conoscere la causa di qualcosa non è sufficiente in sé per modificarla. 

E’ necessario compiere nuove azioni per ottenere risultati nuovi.

Abbiamo già sperimentato su noi stessi che cercare di controllare l’impulso a mangiare emotivamente non funziona

Che fare allora? La via per smettere di assecondare la fame emotiva risiede nell’imparare a conoscere le proprie emozioni e a prendercene cura.

La meditazione insegna a fare questo da più di due millenni

 

Meditare non è, come spesso si crede, separarsi dal mondo, rifugiarsi in silenzio su una montagna e distaccarsi da ogni cosa.

Al contrario, la meditazione insegna a fare pace con sé stessi e con ciò che si prova. 

La meditazione di consapevolezza aiuta a smettere di rispondere col cibo alle tempeste emotive che attraversiamo (e che la mente spesso mitizza e ingigantisce) proprio perché ci rende abili di integrare i nostri vissuti emotivi attraverso un atteggiamento aperto, gentile, compassionevole, non giudicante.

Per smettere di mangiare emotivamente possiamo scegliere la via della tolleranza nei confronti di noi stessi

È la via più efficace, una via di riappacificazione. Consiste nello smettere di giudicare i nostri fallimenti e nel cominciare a occuparci del vero problema, ossia imparare a dare nuove risposte alle spinte emotive che riceviamo dall’esterno e dall’interno.

Imparare a dare nuove risposte alle spinte emotive che riceviamo dall’esterno e dall’interno.

 

È possibile.È’ assolutamente possibile. E questo atteggiamento precede ogni tentativo di cercare di limitarsi col cibo o nell’osservare un piano alimentare.

Mettere ordine viene dopo, in un secondo momento, prima dobbiamo imparare a fidarci di noi stessi nella relazione con le emozioni

Prima di poter essere in grado di affrontare la vita senza più nasconderci dietro al cibo emotivo dobbiamo imparare a conoscerci meglio ed imparare ad accettare i nostri limiti e le nostre debolezze.

Breaters si occupa proprio di questo. Aiuta le persone a rinunciare all’apparente conforto del cibo non senza, prima, aver sviluppato maggiore ascolto, libertà e fiducia nella possibilità di riuscire a farlo in autonomia e sicurezza.